Abstract
Dati raccolti da giochi con sistemi di decisione morale dimostrano che, in genere, i giocatori sono riluttanti a giocare come personaggi cattivi. In uno studio, si è condotto un sondaggio su più di 1000 giocatori per vedere come interagisce il giocatore medio con un sistema di gioco che gli permette di scegliere un percorso “buono” o “cattivo” durante lo sviluppo narrativo. Si è riscontrato che in questi videogame il giocatore medio preferisce essere buono o eroico. I giocatori sono particolarmente interessati a esplorare un personaggio le cui scelte morali corrispondono molto da vicino alle loro. Tuttavia, i giocatori che fanno esperienza di un videogame per la seconda volta sceglieranno con maggiore probabilità il male. L’articolo comprende un’esplorazione delle azioni che i giocatori hanno avvertito particolarmente malvagie, e del tipo di scelte risultate loro più difficili.
Ecco quello che prevedo: farete tutti i bravi. In maniera stucchevole e adulatoria farete i bravi gli uni nei confronti degli altri. E questa cosa mi dà la nausea, perché sapete, in un videogame come Fable, ci trascorriamo ore; trascorriamo mesi, mesi e anni a creare il lato cattivo di Fable, e solo il dieci percento delle persone ha effettivamente seguito il percorso malvagio. Ma dai. Si suppone siate videogiocatori. (Peter Molyneux, 2013)
Io faccio parte di quel dieci percento.
E mi sento avvilita durante le conversazioni con videogiocatori con gusti simili ai miei nella loro assenza di immaginazione morale. Io so che non sono il mio avatar nel gioco, perciò mi piace sperimentare. A volte mi diverte vedere i risultati di una scelta che non farei mai nella realtà. A volte fare il cattivo è solo puro divertimento. Ma mi è sembrato che molti altri videogiocatori con cui ho parlato non abbiano interesse nell’oltrepassare i confini della morale nei videogame incentrati sulla trama. Questa loro avversione, per quanto la trovi noiosa, pone alcune questioni interessanti per i game designer.
Negli ultimi dieci anni, un sistema di scelta morale binario ha raggiunto un alto grado di popolarità nel game design. Nel videogame Fable (Big Blue Box, 2004), come descritto sopra, sono presenti alcune parti basate sulla scelta del giocatore. Il giocatore può scegliere di compiere un’azione che viene esplicitamente etichettata come malvagia, riducendo i punti karma di gioco dell’avatar del giocatore, o un’azione buona, che fa sì che il personaggio acquisisca karma di gioco e divenga più eroico. Questo tipo di sistema è apparso sotto diverse forme in franchise videoludici quali Mass Effect, inFamous, BioShock, Star Wars: Knights of the Old Republic, e Fallout. Altri videogame, come The Elder Scrolls V: Skyrim (Bethesda Game Studios, 2011) o Dragon Age, contenevano elementi di decisione morale che vengono etichettati dai tratti caratteriali oppure da una narrativa che si ramifica nell’immediato senza punti karma espliciti. Ci sono poi altri videogame come Spec Ops: the Line (Yager Development, 2012), che contenevano decisioni morali nascoste che richiedevano al giocatore di commettere un atto nella foga del momento. L’avatar allora può essere considerato più buono, o più cattivo, in base al giudizio del gioco.
Anche se sembra che tutti i videogame definiscano il bene e il male in maniera leggermente diversa, la maggior parte di questi definisce esplicitamente quale scelta sia stata fatta dopo che questa è stata compiuta o durante l’esecuzione della scelta. Ci sono alcuni giudizi condivisi. Generalmente, i videogame ritengono che le soluzioni non violente siano soluzioni buone quando sono disponibili, e ritengono malvagie le soluzioni apertamente violente a prescindere dal contesto o dal quantitativo di violenza in altri momenti del gioco. Creare un danno arbitrario alla proprietà o soggiogare persone è una cosa malvagia, difendere la libertà è generalmente vista come una cosa buona, e la promozione dell’uguaglianza sociale e della giustizia è considerata una cosa buona. Tradire gli amici è considerato come un atto malvagio, così come ignorare le suppliche degli innocenti quando si può fare qualcosa per aiutarli. Sembra che i videogame considerino malvagie le azioni compiute con un puro movente di profitto, ma possono premiare azioni compiute altruisticamente in modo tale che, se il personaggio giocato non ha un movente di profitto, il giocatore ottiene comunque profitto nel gioco a partire dalla buona azione. In queste situazioni, il giocatore è premiato per il comportamento presumibilmente disinteressato dell’avatar. Il Project Horseshoe Think Tank si è riferito a queste scelte parlando di “dilemmi etici”, e ha compiuto un insieme più ampio di studi analitici su come questi vengano presentati tipicamente nei videogame, inclusi l’esame di quei titoli che non sono di frequente considerati come prodotti con scelte morali e il monitoraggio di come quei giochi presentassero e “assegnassero punti” a tali dilemmi (Schreiber et al., 2009).
Lo Status quo
Abbiamo già alcune statistiche su come i giocatori affrontano questi elementi, tramite l’estrazione diretta dei dati dei videogame. Molyneux (2013) sosteneva che il 10% giocasse nella parte del cattivo in Fable. Il team di Mass Effect 3 (BioWare, 2012) ha riferito che un terzo dei giocatori ha scelto Renegade (cattivo) contro i due terzi che hanno scelto Paragon (buono) (Totilo, 2013). La recente serie di avventure grafiche a tema zombie, The Walking Dead, non soltanto ha monitorato quante persone abbiano compiuto quale decisione e in quale ambito, ma lo ha anche mostrato ai giocatori in una serie di trailer (Fogel, 2012).
Ad ogni modo, ho avuto l’impressione che ci siano alcune cose che l’attuale estrazione dati non sia riuscita a esprimere in maniera adeguata. Ad esempio, un comportamento comune ai giocatori in un videogame che può essere giocato come buoni o cattivi è quello di giocare come buoni nel primo playthrough. Conservano il percorso malvagio per una seconda partita, di minore importanza, dopo che hanno giocato “correttamente”. I dati statistici totali non tengono in conto questa propensione.
Mi interessava anche vedere in che modo le scelte morali si correlassero al genere del giocatore e dell’avatar. Sulla base delle precedenti ricerche di Heidi McDonald (2013) sull’identity tourism nei videogame, sospettavo già che i giocatori maschi scegliessero con più probabilità delle ragazze un avatar con un genere diverso dal proprio. La sua ricerca dimostrava anche che, sebbene le donne creassero con maggiore probabilità un avatar che gli somigliasse, non era altrettanto probabile che portassero a termine le scelte romantiche del loro avatar nello stesso modo in cui pensavano avrebbero fatto nella vita reale. Mi sono chiesta se questa cosa potesse valere anche per le scelte morali. La mia ipotesi, basata sui dati a disposizione, era che soltanto una minoranza di giocatori maschi sceglierebbe la via del male in un gioco con scelte morali. Mi aspettavo anche che ci fosse una correlazione tra un avatar femminile e un il percorso malvagio, visto che molti giocatori cambiano anche genere quando giocano per una seconda volta. Mi sono chiesta anche se ci potesse essere una correlazione tra le giocatrici e il male: se è più probabile che le donne scelgano una relazione pericolosa in un videogame, è anche più probabile che facciano delle scelte morali più oscure?
Lo studio
Negli ultimi mesi, ho condotto un sondaggio sui videogiocatori, chiedendo loro come affrontassero questo tipo di scelta nei videogame. I partecipanti sono stati selezionati via Twitter, tramite una community su Reddit dedicata ai videogame, e con un post in un blog sui videogame e la cultura videoludica. Ha risposto al sondaggio un totale di 1067 videogiocatori. Nel sondaggio, ho posto domande diverse, distinguendo i giocatori che hanno affermato di avere giocato una sola volta da quelli a cui è piaciuto giocare più di una volta. Il questionario chiedeva inoltre se i giocatori avessero mai giocato con avatar con un’identità di genere diversa dalla propria, e se giocassero con un genere diverso la prima o la seconda volta.
Il questionario presentava poi delle domande a risposta aperta su come i giocatori interpretassero le scelte morali nei videogame. Ero in particolar modo curiosa di sapere quali azioni venissero avvertite dai giocatori come troppo malvagie o li facessero sentire in colpa. I giocatori si sentivano più appagati giocando nei panni dell’eroe o del cattivo?
Questi risultati dovrebbero essere interpretati con cautela. Si è trattato di uno studio esplorativo con un campione auto-selezionato che potrebbe non essere rappresentativo dell’ambiente videoludico più ampio. Probabilmente il più grande difetto di questo primo studio è che alcuni non sapevano a che genere di videogame si riferissero le domande del sondaggio, per cui non hanno potuto completarlo pienamente. Ho appositamente evitato di fornire una giuda con il titolo di questo o quel videogame, nella speranza che chi rispondesse avrebbe tratto le proprie conclusioni sui videogame con un sistema di scelta morale. Nel futuro, ci si potrebbe concentrare su particolari videogame o tipologie di scelte. Gli intervistati erano maschi per l’88% e femmine per il 10%, mentre il resto ha scelto “altro” o ha deciso di non rispondere. Sulla base di questi dati demografici, è difficile trarre troppe conclusioni sull’approccio delle donne a questi videogame. In uno studio futuro, potrebbe essere necessario campionare dati provenienti da spazi popolati da una più alta percentuale di giocatrici donne.
Fattori quali l’abilità di gioco e la familiarità con quest’ultimo, possono poi influenzare le scelte che fanno i giocatori nei videogame. Questo studio non ha né vagliato il livello di familiarità dei giocatori con i videogame, né chiesto loro il loro genere di videogame preferito. In un futuro studio, si potrebbero scegliere i giocatori in base alla loro familiarità con i videogame per vedere come questa alteri l’insieme dei dati.
Soltanto l’1% degli intervistati ha affermato di non avere completato il videogame a cui ha giocato. Si tratta ovviamente di una distorsione, dato che, statisticamente, la maggior parte dei giocatori non completa i videogame a cui gioca. Le medie dell’industria forse arrivano al solo 10% per i giochi grandi come Red Dead Redemption (Rockstar San Diego, 2010; Snow, 2011), o, ad esempio al 42% dei giocatori per il suddetto Mass Effect 3 (Phillips, 2012). Questo risultato può indicare che una maggiore quantità di persone che probabilmente risponderebbe al sondaggio è il tipo di giocatore che finisce sempre i videogame. Dei videogiocatori intervistati, il 60% ha affermato di giocare a questo videogame più di una volta. Il restante 39% ha affermato di giocare solo una volta al videogame. Solitamente, l’esplorazione dei dati da parte dell’industria non traccia né monitora le seconde playthrough, per cui è difficile stabilire quanto questi dati corrispondano al giocatore medio.
Quelli che una volta e via
Il 39% dei partecipanti al sondaggio ha affermato di aver l’abitudine di giocare a un videogame solo una volta. In questo sottoinsieme di giocatori, il 59% dei partecipanti ha giocato al videogame come personaggio buono. Il 39% di chi ha giocato al videogame solo una volta non ha espressamente giocato come buono o cattivo, ma ha affermato di decidere “in base a ogni singola scelta”. Il 5% dei partecipanti ha giocato soltanto come personaggio cattivo. Una maggioranza di questi partecipanti (55%) ha detto di avere provato “di solito” a fare nel videogame quello che farebbe davvero nella vita reale. Un ulteriore 10% ha affermato di fare “sempre” nel videogame quello che farebbe nella vita reale, e il 23% ha risposto “a volte”.
Figura 1: “Giocare solo una volta” come condizione delle scelte morali.
Scegliere di fare la cosa giusta la prima volta che si gioca è l’opinione maggioritaria tra i partecipanti. Questi videogiocatori che hanno risposto sono meno interessati a giocare nel ruolo di un personaggio che farebbe altro rispetto a ciò che farebbero loro nella realtà. Sono raramente interessati a giocare nei panni di qualcuno che ha una concezione della morale diversa dalla loro.
Quelli che si gioca sempre due volte
Se paragonata alla prima volta, i videogiocatori si comportano per caso in modo diverso nel secondo playthrough? I videogiocatori avevano parecchie ragioni per giocare una seconda volta. Molti volevano vedere nuovi contenuti di gioco che si erano persi durante la prima partita o per vedere i risultati di scelte diverse. I videogiocatori inoltre erano interessati a “provare nuovi percorsi” nei giochi di ruolo oppure a guadagnare Successi/Trofei che non avevano ottenuto nella prima partita.
Tra i giocatori che giocano sempre una seconda partita, il 63% ha detto che la loro prima partita era quella buona, il 27% ha detto di giocare facendo una scelta per volta, e solo il 9% ha scelto di essere cattivo nella prima partita.
Il 49% di chi ha giocato al videogame più di una volta ha detto che la partita cattiva era la seconda. Il 35% ha affermato che la seconda partita era quella neutrale, facendo sì che solo il 16% degli intervistati considerasse essere buoni come seconda opzione. Tra coloro che hanno affermato di aver giocato a un videogame due volte, l’80% degli intervistati ha detto di scegliere “sempre” o “di solito” la loro vera moralità la prima volta che si trovano dentro il gioco.
In questa domanda, a risposta aperta, chi gioca più volte ha precisamente confermato i miei sospetti sulla loro modalità di approcciarsi a questi contenuti. Un videogiocatore ha sintetizzato le sue motivazioni per una seconda partita: “In questo modo posso giocare seguendo uno storyline cattivo o neutrale. La prima volta che gioco seguo sempre uno storyline buono”. Un altro intervistato le ha sintetizzate in questo modo: “Gioco una volta nei panni dell’eroe buono e rispettoso delle leggi, e una volta in quelli del traditore cattivo che crea caos”.
Figura 2: Le risposte di chi ha giocato due volte, solo sulla sua prima partita.
Genere e scelte morali
Se da una parte le donne costituivano una minoranza delle risposte a questo sondaggio, mostrano per caso differenze rispetto allo stile di gioco morale maschile? E’ emerso che, tra i partecipanti, le donne fanno scelte morali simili a quelle degli uomini. Tra le donne che hanno giocato a un videogame solo una volta, il 74% ha detto di aver scelto di giocare come eroe, con solo il 5% disposto ad ammettere di aver giocato come personaggio cattivo, cosa che corrisponde ai dati complessivi per tutti i generi. Il 63% delle donne che ha giocato a un videogame più di una volta ha scelto di fare un “primo playthrough buono”. Il 44% di queste giocatrici ne ha fatto seguire una partita cattiva, e il 38% una neutra.
Figura 3: Solo videogiocatrici. A sinistra: risultati di chi ha giocato solo una volta. A destra: la prima di più partite.
Non c’era una forte correlazione tra il giocatore che si identifica come donna e un comportamento amorale. La relazione tra il genere dell’avatar e il comportamento amorale era più ambigua.
Soltanto il 9% degli intervistati maschi ha affermato di cambiare sempre genere (in un singolo playthrough). Il 59% ha detto di avere l’abitudine di giocare nel ruolo di un uomo, mentre il resto ha detto di non avere grosse preferenze. Quando si è chiesto ai videogiocatori maschi se cambiassero genere durante un secondo playthrough (nei videogame dove fosse contemplata tale opzione) i risultati erano misti. Il 29% degli intervistati maschi ha detto di tendere a cambiare genere la seconda volta, il 37% di giocare con lo stesso genere entrambe le volte, e il 33% di non avere grosse preferenze.
Figura 4: Capita che gli uomini cambino genere la seconda volta che giocano?
Un totale di 569 uomini, più della metà degli intervistati maschi, ha affermato di giocare ai videogame più di una volta. Il 63% di questi uomini ha affermato di preferire iniziare con un genere maschile, per poi giocare con un personaggio femminile la seconda volta. Il 65% degli uomini che cambiano genere (41 risposte in totale) giocano poi come cattivi durante la partita al femminile. Gli uomini che non cambiano genere, d’altra parte (166 intervistati in totale), erano anche meno inclini a scegliere un percorso malvagio nel secondo playthrough e tendevano a scegliere più spesso “neutrale”, sebbene il male fosse ancora predominante (in questo caso, il 44% nella condizione cattiva, con il 36% che ha scelto di giocare in modo neutro).
Figura 5: A sinistra: uomini che giocano nei panni di una donna nella seconda partita. A destra: uomini che giocano nei panni di un uomo sia nella prima che nella seconda partita.
Lo studio non ha visto la partecipazione di abbastanza donne per trarre una conclusione significativa sulle donne che giocano con avatar di generi diversi. Ad ogni modo, tre delle cinque donne che hanno affermato sia di giocare ai videogame due volte, sia di cambiare genere la seconda, hanno adottato la condizione “primo playthrough buono, secondo playthrough cattivo”.
Può risultare utile un ulteriore studio sulle possibili influenze dell’aspetto e del genere dell’avatar sulla trasgressione morale.
Cos’è considerato malvagio?
I videogame mettono gli individui a disagio sotto un profilo morale? Il 43% dei partecipanti ha affermato di essersi trovato di fronte a un’azione abbastanza vigliacca da fargli rifiutare di commetterla. In alcuni videogame, significa terminare la partita.
I partecipanti hanno descritto le loro esperienze tramite un questionario a risposte aperte. Molti si sono rifiutati di prosciugare le Sorelline in BioShock (Irrational Games, 2007 – 2009), perché uccidere un bambino è un atto troppo malvagio da compiere. Che venga ucciso Paarthurnax il “drago buono” in Skyrim è molto raro, nonostante la storia del gioco inciti a farlo. Molti videogiocatori si sono rifiutati di far esplodere una bomba nucleare nel gioco Fallout 3 (Bethesda Game Studios, 2008). In alcuni casi, i videogiocatori hanno menzionato azioni che non erano scelte morali, ma necessarie per andare avanti con il gioco. Molti giocatori hanno menzionato la sequenza della tortura nel recente Grand Theft Auto V (Rockstar North, 2013) dicendo che si era spinta troppo oltre per loro, e molti altri hanno parlato di estremo disagio nell’utilizzare il fosforo bianco sui civili nel videogame Spec Ops: the Line o nell’uccidere a colpi di arma da fuoco i civili nella famosa sequenza “No Russian” in Call of Duty: Modern Warfare 2 (Infinity Ward, 2009). “Non ho sparato proprio a nessuno”, ha detto un videogiocatore.
Le obiezioni di coscienza che portano alla fine del gioco sono a quanto pare un’opinione minoritaria tra i partecipanti. Il 56% degli intervistati ha detto di non essersi mai trovato in una situazione in cui si rifiutava di compiere un’azione nel videogame. Molti partecipanti erano irremovibili dall’affermare che le azioni malvagie sono limitate ai soli videogame. Apprezzano la possibilità di comportarsi male. “E’ un gioco… non la realtà. Quello che decido nel gioco non ha un impatto sulla mia vita”, c’è scritto in una risposta. Il 31% degli intervistati ha affermato di non essersi mai sentito in colpa per un atto commesso in un videogame.
Figura 6: Ti sei mai sentito in colpa per un atto che hai commesso in un videogame?
Reati e punizioni
I videogiocatori ritengono che sia giusto premiare le azioni malvagie? Il 90% dei videogiocatori ha detto che è giusto. Sembra che ai giocatori vada bene che il male venga premiato, anche se spesso non lo scelgono deliberatamente. Sembra poi che in generale i giocatori abbiano un alto grado di tolleranza nei confronti del senso di colpa o che si sentano poco in colpa.
Al contempo, se premiare il male nell’ambiente di gioco non è necessariamente sbagliato, punire il male viene generalmente percepito come una cosa giusta. I videogame che puniscono i personaggi cattivi con il carcere, multe, o altri svantaggi in generale fanno la cosa giusta secondo molti giocatori. In una risposta aperta sulle punizioni, i videogiocatori hanno risposto con opinioni quali “Punire il giocatore per fare cose cattive è lo scopo di un sistema morale” e “Non credo sia ingiusto essere puniti per aver preso una decisione malvagia. L’intera società è costruita su questo principio”. Un’altra risposta diceva: “se è una cosa cattiva, ti becchi quello che ti meriti”.
La maggior parte dei videogiocatori sembrava pensare che per i giocatori il percorso buono fosse anche quello più gratificante, visto che i videogiochi puniscono solo “a volte” o “raramente” i giocatori per aver fatto delle scelte buone. Per contrasto, il percorso malvagio era più spesso considerato punitivo, tant’è che la maggioranza ha detto che questo venisse punito “a volte”, mentre il 23% ha ritenuto che questo venisse “normalmente” punito.
Figura 7: I giocatori si sentono puniti per essere buoni?
A volte i giocatori si lamentano di sentirsi obbligati a compiere azioni malvagie quando non vogliono farlo, specie se si sentono raggirati. Alcuni giochi che hanno ricevuto risposte negative estese:
In Skyrim:
Diventi un membro della gilda dei ladri prima di saperlo. Magari non pensi che rubare è proprio una cosa brutta, in base a chi rubi qualcosa e in quali circostanze. Ma questi qua sono un’intera gilda dedicata al furto, solo per il gusto di farlo e poi adorano Nocturnal, la dea cattiva della notte… Non puoi farci niente. Non puoi denunciarli. Non puoi dirgli di non rubare più. Non puoi ucciderli (la maggior parte è immortale).
In Beyond: Two Souls:
C’è una scena in cui dovresti assassinare un “signore della guerra”. Mentre lo raggiungi capisci in qualche modo che potrebbe non essere un signore della guerra e non c’è un modo per evitare di ucciderlo, anche se sospetti fortemente che sia innocente o ci hai già giocato e sai che è innocente.
In inFamous:
La tua ragazza viene rapita, e tu puoi scegliere di salvare lei, o di salvare dei medici. Se salvi i medici, lei muore. Se provi a salvarla, è una trappola e lei era con i dottori. A prescindere da quello che fai, lei muore.
Figura 8: I giocatori si sentono puniti per essere cattivi?
Uno svantaggio dei sistemi morali è che spesso la promozione di una morale non binaria o che si basa su scelte fatte di volta in volta è meno solida. Molti videogiocatori, nelle risposte aperte, hanno espresso un certo fastidio nei confronti dei sistemi che bloccano poteri o dialoghi a chi ha giocato ai videogame scegliendo di volta in volta invece di scegliere un percorso chiaramente buono o cattivo: “Mass effect va oltre. O sei buono, o sei cattivo, non c’è una via di mezzo, non hai libero arbitrio”. “Scegliendo la via di mezzo, non hai la possibilità di prendere le decisioni che danno i risultai migliori”, ha detto un altro commentatore, riferendosi alla tendenza di questo stesso videogame a bloccare opzioni di dialogo in base alla morale. Un sistema simile si presenta nel videogame inFamous, per cui un commentatore ha scritto: “Quando sceglievi di essere completamente buono o completamente cattivo, ottenevi poteri fortissimi. Quando sceglievi la via di mezzo, non ottenevi niente di che”.
Figura 9: I giocatori si sentono puniti per essere neutri?
Cosa viene considerato gratificante?
I videogiocatori concentrati sulla storia sembrano essere guidati dal proprio senso della morale piuttosto che da un sistema morale alternativo. Sono pronti a sperimentare alternative solo nei playthrough successivi.
Si può fare di meglio quando incoraggiamo i videogiocatori ad affrontare le decisioni in modo diverso? Cosa potrebbe tentare un giocatore a fare una scelte morali non convenzionale?
L’82% dei partecipanti ha detto che la “storia del gioco” è la molla principale in un videogame basato su scelte morali. La storia esalta i vantaggi meccanici o i successi, come gli Trofei. In alcuni videogame, come in Fable, le scelte morali hanno un effetto sull’aspetto dell’avatar del giocatore, ma questo è stato l’incentivo principale solo per il 5% dei partecipanti.
Ai premi materiali ricevuti nel gioco, i videogiocatori preferiscono una sensazione di intrinseco appagamento per il proprio comportamento. Se è vero che furti e omicidi fanno ottenere più denaro ai giocatori, pare che questa non sia una tentazione abbastanza forte da portare i giocatori a un gioco cattivo a tempo pieno. “Il male in Fable ti fa guadagnare un SACCO di soldi in più”, ha detto un videogiocatore. Un altro ha detto: “Il percorso ‘buono’ non concede molte deviazioni, e spesso, dal punto di vista finanziario, fa navigare il giocatore in cattive acque, come se la via della rettitudine fosse necessariamente angusta, insipida e disagiata”.
E’ importante riconoscere che anche i videogame in single-player presentano un aspetto sociale. Si possono esercitare pressioni nei clan e negli spazi dedicati ai fan affinché i giocatori “si comportino bene”, piuttosto che agire in modi che potrebbero nuocere ai personaggi più amati. Questo studio ha posto domande su queste tipologie di pressione sociale, ma uno studio più approfondito su videogame specifici potrebbe trattare l’influenza della cultura dei fan dei videogame a proposito delle scelte morali.
Conclusioni
E’ possibile che i videogame con una morale binaria stiano andando fuori moda. The Walking Dead (Telltale Games, 2012) viene spesso menzionato come un videogame che presenta scelte morali più sfumate. Fallout: New Vegas (Obsidian Entertainment, 2010) e Dragon Age sono anch’essi amati dagli intervistati perché le scelte sono basate sulla presenza di fazioni opposte o sui personaggi piuttosto che semplicemente sul bene o il male. Diversi videogiocatori hanno affermato di aver apprezzato i sistemi di scelta binaria in Mass Effect e Fable (“Lo stile di Fable mi è piaciuto… Potevi scegliere entrambe le cose, e c’erano premi e conseguenze per ogni scelta”), ma altri hanno espresso un’opinione negativa sugli stessi sistemi (“In Fable, le scelte sono sempre troppo estreme”). I giocatori sembravano essere più soddisfatti quando le loro scelte influenzavano la storia e scocciati quando percepivano che questo non avveniva.
Molte domande sono rimaste senza risposta. Vale la pena che gli sviluppatori creino contenuti cattivi nei videogame quando sanno che sono pochi i videogiocatori che andranno appositamente a cercarli? Vale la pena sviluppare videogame dando per certo che verranno giocati due volte, e se sì, quanto dovrebbero differire i due rami? Esiste un metodo efficace di indurre i videogiocatori a mettersi nei panni di qualcun altro, o in generale vogliono “fare la cosa giusta”? Se in alcuni videogame venisse eliminata la possibilità di giocare come personaggi cattivi, i videogiocatori come me lo rimpiangerebbero. Possiamo sviluppare videogame dove fare il cattivo è veramente la cosa più divertente? Dovremmo farlo?
Alcuni videogiocatori non commettono cattive azioni, anche quando sembrano essere bloccati:
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In Heavy Rain, un serial killer obbliga il protagonista Ethan Mars ad affrontare tutta una serie di prove per ricevere delle lettere che componevano l’indirizzo in cui è tenuto prigioniero suo figlio. In una delle ultime sfide, si deve uccidere un uomo per ottenere altre lettere. Nel primo playthrough, ho risparmiato la vita dell’obiettivo, e dopo, nel videogame, Ethan doveva capire dove si trovasse suo figlio con le lettere che aveva (se all’inizio avessi ucciso quell’uomo, Ethan avrebbe guadagnato tutte le lettere dell’indirizzo).
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In Heavy Rain, ho messo via il fucile invece di sparare a un padre disarmato durante la Prova dell’orso.
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In Heavy Rain, in cui il gioco provava volutamente a farmi uccidere una persona che non conoscevo…
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… In Heavy Rain potevo scegliere di uccidere uno nella cameretta di sua figlia ma io l’ho risparmiato perché era un padre.
(Risposte al sondaggio a proposito di Heavy Rain)
Quando, come Ethan, me ne stavo vicino all’uomo, con la testa bassa che pregava, ho preso in considerazione le opzioni. L’ho guardato implorare e l’ho ascoltato piangere. Ma, che cavolo, sono qui per vincere, mi sono detta… e ho premuto il grilletto.
C’è un modo in cui i game designer possono fare peccare i videogiocatori di sicuro. Nascondere l’opzione eroica.
Spec Ops: The Line. … Il videogame mi ridà il controllo, in uno sparatutto in terza persona, con un fucile automatico. La folla mi ha circondato, e urla, rabbiosa. Tirano pietre. Non c’è dove correre, dove nascondersi, e io mi sto seriamente danneggiando. Se non faccio niente, muoio. Ma io mi rifiuto di sparare. Mi viene subito in mente il Massacro di Boston, e tutte le altre infinite volte che dev’essersi presentata questa scena, e mi rifiuto di fare fuoco con il mio fucile d’assalto su persone che come armi hanno delle pietre. Però dovevo fare qualcosa. Tiravano pietre. Alla fine ho sferrato un attacco corpo a corpo, che probabilmente non è letale. Il videogame l’ha interpretata come una scelta diversa –il mio compagno di gioco ha sparato in aria (cosa che avrei potuto fare anch’io), ed entrambi ci siamo messi a dare la caccia ai nativi. Niente vittime, per quella volta. E un Achievement: “Rispetta il limite”. Una cosa deprimente: http://steamcommunity.com/stats/SpecOpsTheLine/achievements . Il 22% dei giocatori ha “Rispetta il limite”. Il 31,6% dei giocatori ha “Supera il limite” ( Risposta anonima al sondaggio)
Figura 10: Dati globali delle scelte morali in Spec Ops: the Line (Screenshot personale da Steam, 2013)
I videogame possono permettere ai giocatori di vivere le proprie fantasie ed essere eroi o cattivi. Questo studio ha riscontrato che le fantasie cattive sembrano essere molto meno diffuse di quanto non pensino gli sviluppatori, o di quanto dimostrano i loro dati. Una procedura migliore potrebbe essere quella di creare scelte che permettano ai giocatori di vedere il mondo dal punto di vista di qualcun altro. I videogame che costringono i giocatori a mettere in pausa e fare considerazioni sulle conseguenze delle loro azioni potrebbero fornire esperienze più significative ai giocatori.
La maggior parte dei giocatori vuole fare “la scelta giusta”, quando questa è semplice, segnata, ed etichettata chiaramente. Ma questo mezzo di espressione potrebbe prendere una direzione più forte con delle scelte più sfumate in futuro. Se i videogiocatori non provano interesse nell’essere cattivi, possiamo piuttosto ottenere una maggiore trazione mettendo in discussione quello che credono sia il bene. In questo modo, la morale nei videogame diventerà molto più che scegliere il colore del cupcake che ricevono.
Figura 11: Scelte morali rappresentate dalla glassa dei cupcake (Citizen, 2012)
“di Amanda Lange, http://gamescriticism.org/articles/lange-1-1″
Traduzione ad opera di Giulia Calandra